La deliberazione del Consiglio dei ministri del 5 luglio 2024, con cui viene impugnato l’art. 5 della legge della Regione Calabria n. 9 del 2024, riporta l’attenzione su un nodo ricorrente nel rapporto tra Stato e autonomie territoriali: la perdurante frizione tra il potere legislativo regionale e l’esercizio dei poteri sostitutivi statali in ambito sanitario.
La norma censurata modifica l’art. 11 della legge regionale n. 2/2016, trasferendo il coordinamento del Registro tumori dal Commissario ad acta – titolare di funzioni sostitutive in materia sanitaria – al Dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria. Secondo il Governo, tale disposizione violerebbe il principio di leale collaborazione, alterando l’equilibrio istituzionale delineato dal d.l. n. 150/2020 e dai successivi decreti commissariali attuativi, che assegnano al Commissario la piena titolarità del coordinamento tecnico del Registro tumori.
La questione, che sarà sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, implica una riflessione sui limiti dell’autonomia normativa regionale nel contesto del potere sostitutivo statale attivato ai sensi dell’art. 120, comma 2, Cost., disposizione che consente al Governo di sostituirsi a organi regionali in caso di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, di violazione di norme internazionali o comunitarie, ovvero per garantire l’unità giuridica o economica della Repubblica.
La giurisprudenza costituzionale ha chiarito che, una volta esercitato il potere sostitutivo, la Regione non può legiferare in contrasto con le funzioni commissariali in corso, pena la violazione dell’ordine costituzionale delle competenze (Corte cost., n. 190/2022; n. 231/2020). Il potere statale, pur eccezionale e temporaneo, sospende l’esercizio ordinario delle attribuzioni regionali sulle materie commissariate, finché non venga formalmente revocato.
Nel caso in esame, la legge regionale interviene su una funzione – il coordinamento e la gestione del Registro tumori – che i decreti commissariali (in particolare, il n. 98/2022) qualificano come centrale per la programmazione sanitaria e il monitoraggio epidemiologico. La sua sottrazione alla competenza commissariale da parte di una norma legislativa regionale appare quindi suscettibile di pregiudicare l’efficacia dell’intervento sostitutivo e di compromettere l’azione unitaria statale, ponendosi in contrasto non solo con l’art. 120 Cost., ma anche con i principi di buon andamento e leale collaborazione (artt. 97 e 118 Cost.).
Se la Corte dovesse accogliere l’impugnazione, riaffermerebbe ancora una volta il principio secondo cui l’autonomia regionale trova un limite nel rispetto della legalità costituzionale e degli strumenti straordinari previsti per garantire l’uniforme tutela di diritti fondamentali, quale il diritto alla salute (art. 32 Cost.). In tal senso, la vicenda calabrese rappresenta un banco di prova significativo per la tenuta dell’assetto collaborativo tra Stato e Regioni, soprattutto in contesti caratterizzati da croniche disfunzioni amministrative e da interventi statali d’emergenza.
La Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge regionale Calabria n. 9 del 2024, concernente la disciplina del Registro tumori regionale, in particolare per la previsione che attribuisce al Dipartimento regionale per la tutela della salute il coordinamento delle attività di raccolta e gestione dei dati oncologici.
Il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri muove dall’assunto che la disposizione regionale interferisca con i poteri esercitati dal Commissario ad acta nominato con decreto del Ministro della salute nell’ambito della gestione commissariale straordinaria della sanità calabrese (ai sensi del d.l. n. 150/2020), la cui funzione è finalizzata a garantire la ripresa delle funzioni ordinarie della Regione in materia sanitaria. Il Commissario, infatti, detiene poteri sostitutivi di ampia portata, tra cui il coordinamento e la vigilanza sul funzionamento del Registro tumori, ritenuto strumento essenziale per il monitoraggio epidemiologico e la programmazione sanitaria.
La questione si inserisce nel quadro più ampio della disciplina della sanità regionale sottoposta a commissariamento statale per gravi inefficienze o deficit, dove l’art. 120, secondo comma, Cost., riconosce al Governo il potere di adottare misure sostitutive, anche derogatorie alle leggi regionali, al fine di assicurare il buon andamento e l’efficacia del servizio sanitario regionale.
La Corte richiama la propria consolidata giurisprudenza, secondo cui le disposizioni regionali non possono ostacolare o limitare l’azione del Commissario ad acta, pena la compromissione della finalità pubblica cui esso è preposto. Le leggi regionali devono, pertanto, uniformarsi alle determinazioni commissariali fino alla revoca del potere sostitutivo.
Nella fattispecie, l’art. 5 della legge impugnata, attribuendo al Dipartimento regionale funzioni di coordinamento e gestione autonome rispetto al Commissario, determina un’inammissibile interferenza che rischia di paralizzare o rendere inefficace l’azione commissariale, violando l’art. 120, secondo comma, Cost. e, più in generale, il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.
L’ordinanza evidenzia come tale intervento regionale si ponga in contrasto con l’interesse pubblico alla tutela della salute, che impone il rispetto delle misure commissariali e una gestione coordinata e unitaria dei servizi sanitari, in particolare di quelli rilevanti per la programmazione sanitaria e la prevenzione come il Registro tumori.
In conclusione, la Corte sottolinea la necessità che, nel contesto del commissariamento, la Regione agisca in modo coordinato con il Commissario, evitando sovrapposizioni e conflitti che pregiudichino l’efficienza e la continuità del servizio sanitario regionale. Qualora la Regione intenda assumere iniziative in materia, queste devono essere compatibili e subordinate al potere sostitutivo statale, che prevale temporaneamente per il perseguimento della finalità pubblica.
La sentenza n. 57/2025 rappresenta un importante richiamo al rispetto della gerarchia normativa e alla tutela dell’interesse generale nella gestione dei servizi pubblici essenziali, confermando la prevalenza del potere sostitutivo dello Stato in materia di sanità in situazioni di emergenza o crisi regionale.
 

 
  
 