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Regione Sicilia, legge n. 23/2025 sull’IVG: profili di incostituzionalità e conflitto di competenze.

2025-09-22 10:00

Ilaria Motta

Diritto costituzionale,

Regione Sicilia, legge n. 23/2025 sull’IVG: profili di incostituzionalità e conflitto di competenze.

La Regione Sicilia, il 5 giugno 2025 ha approvato la legge n.23/2025 (DDL 73862/2025), che istituisce aree dedicate all’IVG negli ospedali e prevede c

La Regione Sicilia, il 5 giugno 2025 ha approvato la legge n.23/2025 (DDL 73862/2025), che istituisce aree dedicate all’IVG negli ospedali e prevede concorsi riservati a medici non obiettori, con clausola di risoluzione del contratto qualora si dichiarino obiettori successivamente. Tale scelta, pur volta a garantire l’effettiva applicazione della legge 194/1978 in una Regione dove oltre l’81% dei ginecologi è obiettore, solleva serie criticità costituzionali. Il Governo infatti, ha impugnato la norma di fronte alla Corte Costituzionale, contestando che essa ecceda le competenze regionali e violi i principi costituzionali di uguaglianza, diritto di obiezione di coscienza e parità di accesso ai concorsi pubblici. La norma, sotto un aspetto più generale, solleva un problema di fondo: può un ente pubblico subordinare l’accesso ad un pubblico impiego alla rinuncia ad un diritto fondamentale? Se la risposta fosse affermativa, si aprirebbe un precedente delicato: altre amministrazioni potrebbero introdurre criteri di selezione basati su convinzioni etiche o religiose, incrinando il principio di neutralità dello Stato e di imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). Un secondo nodo della questione riguarda poi il bilanciamento dei diritti. La Corte Costituzionale ha sempre ritenuto che, quando due diritti fondamentali entrano in conflitto, la soluzione non può essere quella di annullarne uno, bensì quelli di garantire un equilibrio ragionevole e proporzionato tra i due. In questo caso, la scelta di escludere in toto gli obiettori, appare come una compressione radicale della libertà di coscienza, laddove sarebbero possibili soluzioni meno invasive, ad esempio concorsi aperti a tutti ma con obblighi di servizio minimi nelle strutture IVG. Da ultimo, le legge in questione, rischia anche di collidere con il principio europeo di non discriminazione (art. 21 Carta di Nizza) e con la giurisprudenza CEDU, che tutela sia la libertà di coscienza, sia il diritto delle donne a un accesso effettivo alle prestazioni sanitarie. Nello specifico, da un punto di vista costituzionalista, la legge in questione tende a mostrare diversi profili di incostituzionalità. Relativamente alla libertà di coscienza (artt. 2, 19, 21 Cost.), poiché l’obiezione di coscienza è riconosciuta come diritto individuale, escludere gli obiettori dai concorsi pubblici, rischia di comprimere questa libertà, trasformando una garanzia personale in un ostacolo lavorativo. Sotto il profilo dell’uguaglianza e della non discriminazione (art.3 Cost), la selezione concorsuale, basata sulla competenza medica, introduce una discriminazione indiretta, violando il principio di pari opportunità. Infatti, con riferimento all’accesso al pubblico impiego (art. 51 Cost.), esso deve essere accessibile a tutti, in condizioni di uguaglianza, sulla base del merito. L’esclusione degli obiettori si pone nettamente in contrasto con tale principio. Inoltre, per quanto concerne le competenze legislative (art. 117 Cost.), la sanità è materia concorrente, ma i principi fondamentali sono stabiliti dallo Stato. Pertanto, riservare i concorsi solo a non obiettori potrebbe eccedere la potestà regionale, incidendo su diritti fondamentali e principi generali del pubblico impiego. Infine, con riferimento al diritto alla salute (art. 32 Cost.), la legge mira a garantire l’accesso all’IVG, oggi fortemente compromesso in Sicilia, a causa dell’elevata percentuale di medici obiettori. Il bilanciamento tra diritto delle donne alla salute e libertà di coscienza dei medici, infatti, è il nodo cruciale della questione. In sostanza, la legge siciliana tenta di rispondere ad una grave carenza strutturale nel sistema sanitario regionale; l’accesso all’IVG rischia di essere negato per assenza di personale disposto a praticarla. La regione dunque, intende introdurre un criterio di esclusione basato sulle convinzioni personali, anziché sulla competenza professionale. La Corte Costituzionale, infatti, sarà chiamata a stabilire se sia legittimo subordinare l’accesso al pubblico impiego ad un requisito che non attiene alla professionalità, bensì alla coscienza individuale, e se tale misura sia proporzionata allo scopo di garantire l’effettività della legge 194/1978. Il dibattito, quindi, ruota attorno al delicato bilanciamento tra diritto fondamentale della donna alla salute e diritto inviolabile di coscienza del medico: entrambe garanzie costituzionali, ma in collisione, che richiedono una soluzione composita e rispettosa dei parametri costituzionali. Quanto detto, dimostra come la tutela dei diritti fondamentali non possa essere affrontata contrapponendo coscienza individuale e salute pubblica, ma richieda soluzioni normative capaci di bilanciare entrambe le garanzie costituzionali. A tal proposito si apre una sfida non solo regionale, bensì costituzionale ed europea, incentrata sul come garantire che il diritto alla salute non venga negato e, allo stesso tempo, che la libertà di coscienza non sia trasformata in causa di esclusione dal pubblico impiego.