Il doppio cognome in Italia rappresenta una novità nel panorama tanto legislativo quanto sociale e, come ogni innovazione, crea non pochi dubbi e difficoltà nel comprendere le ragioni che vi si trovano alle fondamenta.
Ma prima di giungere alla sentenza della Corte Costituzionale, la numero 131 del 2022, occorre ripercorrere l’itinerario che la stessa Corte ha intrapreso per scoprire i motivi e comprendere la decisione nonché analizzare i nuovi orizzonti che possono prospettarsi adesso, facendo un paragone astratto con una realtà già esistente da tempo fuori dai nostri confini.
Una prima innovazione si ebbe con l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 18 del 2021; Una coppia contestava la preclusione della facoltà di scegliere, di comune accordo, il solo cognome materno, imponendo un controllo alla più ampia questione che ha ad oggetto la generale disciplina dell’automatica attribuzione del cognome paterno.
La questione di legittimità costituzionale venne sollevata dal Tribunale di Bolzano relativamente all’art. 262 c.c. primo comma, nella parte in cui, in mancanza di diverso accordo dei genitori, impone l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori.
L’oggetto del giudizio nel caso specifico è l’art. 262 del c.c. co.1, il quale enuncia che il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se tale riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente, la norma indica che il cognome trasmesso al figlio sia quello paterno.
Appare doveroso indicare come il d.lgs. 28 dicembre del 2013 n. 154 abbia eliminato ogni riferimento alla differenza tra figlio legittimo e figlio naturale.
I parametri costituzionali a fondamento della decisione sono: L’articolo 2 della Costituzione ( che sancisce i tre principi fondamentali, ossia il principio personalista, pluralista e solidarista). Relativamente a questo articolo la Corte Costituzionale denuncia una violazione sotto il profilo della tutela dell’identità personale dunque, nel caso in esame, dell’identità personale del figlio. L’articolo 3 della Costituzione ( che sancisce al primo comma il concetto di eguaglianza formale ed al secondo comma quello di eguaglianza sostanziale). Nella fattispecie in questione con riferimento all’eguaglianza tra i genitori. Ed infine l’articolo 117 della Costituzione co.1, che sancisce il principio secondo il quale La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. In particolare con riferimento agli articoli 8 e 14 della CEDU in quanto parametri interposti.
Occorre rammentare come già l’Italia sia stata ammonita dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo nella sentenza 7 gennaio 2014 ( caso Cusan e Fazzo con Italia). La quale ha evidenziato come la rigidità del sistema italiano, che fa prevalere il cognome paterno e l’impossibilità per i genitori alla nascita del figlio di attribuirgli il solo cognome materno, costituisce una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, determinando una discriminazione ingiustificata tra i genitori, in contrasto con gli artt. 8 e 14 CEDU.
In realtà la Corte si era già pronunciata sulla materia in precedenza. Con la sentenza n. 286 del 2016, di fatti, divenne possibile per i genitori di comune accordo aggiungere al momento della nascita al figlio anche il cognome materno, affiancandolo a quello paterno.
Secondo la sentenza del 2016 il sistema in vigore deriva da una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico e della potestà maritale, che non è più compatibile con il principio costituzionale della parità tra uomo e donna.
La sentenza n.286 del 2016, infine, sottolinea come non si tratti di una semplice questione di nome, come affermato da molti, ma come tale questione affondi le sue radici in temi di notevole valore e di uguaglianza tra i genitori, intrinseca essenza della nostra Costituzione. Non capire ciò che vi sia dietro anche ad una semplice questione di nome equivale a non capire l’essenza stessa della nostra Costituzione e dei suoi principi. Difatti, tutti i principi da essa elencati devono necessariamente essere applicati in fatti quotidiani per diventare concreti e tutelabili. Per riuscire ad estirpare concezioni ancora persistenti nella concretezza della nostra società non più compatibili con l’idea di uguaglianza contenuta nella nostra carta costituzionale.
Come riportato nella sentenza del 2016: « la previsione dell’inderogabile prevalenza del cognome paterno sacrifica il diritto all’identità del minore, negandogli la possibilità di essere identificato, sin dalla nascita, anche con il cognome materno» ( sent. n. 286 del 2016 e riportato nell’ordinanza n. 18 del 2021).
Il rapporto di filiazione è un rapporto giuridico e sociale a tre: madre, padre e figli. L’esclusione della linea materna non trova alcuna giustificazione in quanto il figlio è frutto della volontà di entrambi i genitori.
Ma è possibile parlare di un’effettiva parità tra i genitori presupponendo la possibilità di vantare tale diritto ad un preventivo consenso del padre?
Con la sentenza n. 131 del 2022 si ottiene un’effettiva tutela ed un reale riconoscimento del diritto della madre di tramandare anche il proprio cognome affiancando quello del padre. Con essa è adesso possibile ottenere un’effettiva uguaglianza tra i genitori non facendo dipendere tale parità sostanziale da un preventivo accordo tra essi.
L’accordo, al contrario, serve ora esclusivamente per attribuire al figlio uno solo dei due cognomi, o della madre o del padre in pari modo. Rendendo automatica l’attribuzione, al momento della nascita, di entrambi i cognomi dei genitori. Prima della sentenza del 2022, invece, per aggiungere il cognome materno era necessario specifico accordo di entrambi i genitori e, in sua assenza, il figlio assumeva automaticamente il solo cognome paterno, non potendo parlare dunque di una effettiva parità.
La Corte ha poi affidato al legislatore il compito di disciplinare le modalità di trasmissione dei cognomi alle future generazioni. Una possibile soluzione potrebbe riscontrarsi facendo sì che il genitore titolare del doppio cognome scelga quale dei suoi due cognomi attribuire al figlio al momento della nascita. Vi è anche la possibilità di attribuire al figlio il doppio cognome di uno solo dei genitori, se tale risulti essere la loro volontà. La scelta dei genitori sarà poi vincolante per i successivi figli, per garantire la stabilità di una «identità familiare».
Trattandosi di una innovazione legislativa nel nostro ordinamento potrebbe fornire un aiuto alla creazione legislativa della materia porre uno sguardo ad altri paesi nei quali il doppio cognome costituisce la normalità giuridica da tempo.
in Spagna infatti, il figlio eredita il primo cognome del padre ed il primo cognome della madre, è una tradizione consolidata che risale al XIX secolo e che si è formalizzata con il Codice Civile del 1889 poi diffuso anche in America Latina. Per norma generale, il primo cognome di un cittadino è quello del padre, mentre il secondo è quello della madre, retaggio anch’essa di una società anticamente patriarcale. Ma il Codice Civile spagnolo, all'articolo 109, riconosce il diritto dei genitori di determinare l'ordine dei cognomi del figlio di comune accordo. Una volta raggiunta la maggiore età, il figlio potrà poi decidere se invertire l’ordine dei propri cognomi. Se i genitori decidono di invertire l'ordine dei cognomi per il primo figlio, questo cambiamento si applicherà automaticamente anche ai futuri figli della coppia. Inoltre, se il figlio viene riconosciuto solo da uno dei due genitori, assumerà entrambi i cognomi del singolo genitore. Un celebre esempio è quello del pittore spagnolo Pablo Picasso, di fatti il cognome con cui è diventato celebre, Picasso, è il cognome materno. Il cognome paterno, Ruiz, non ottenne la stessa fama.
Le soluzioni si applicherebbero anche nei confronti dei figli adottati.
In conclusione, appare doveroso richiamare la disciplina vigente da tempo ed ancora in vigore della possibilità di aggiungere il cognome dell’altro genitore qualora si sia già in possesso di uno solo dei due.