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Il principio di proporzionalità applicato al reato di sequestro a scopo di estorsione: nota alla recente sent

2025-12-15 09:00

Marianna Tartaglia

Diritto Penale,

Il principio di proporzionalità applicato al reato di sequestro a scopo di estorsione: nota alla recente sentenza n.113 del 2025 della Corte Costituzionale.

Con ordinanza del 7 ottobre 2024, la Corte di Assise di Teramo ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 630 primo comma del

 Con ordinanza del 7 ottobre 2024, la Corte di Assise di Teramo ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 630 primo comma del codice penale, nella parte in cui prevede per il sequestro di persona a scopo di estorsione, la pena della reclusione da venticinque a trent’anni in luogo di reclusione da dodici a venticinque anni, denunciandone il contrasto con gli articoli 3 e 27 terzo comma della Costituzione, nonché con gli articoli 11 e 117 della Costituzione, questi ultimi in relazione all’articolo 49 paragrafo 3 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

Il giudice a quo osserva che la Corte di Giustizia dell’Unione europea, nella Grande Sezione, nella sentenza 8 marzo 2022 in causa C-205/20 NE, ha ritenuto che il principio di proporzionalità delle sanzioni sia dotato di effetto diretto nell’ordinamento degli Stati membri, con conseguente obbligo per i giudici di disapplicare disposizioni interne con esso contrastanti, sia pure nei soli limiti necessari a consentire l’irrogazione di sanzioni proporzionate. Inoltre, l’evocazione di disposizioni della Carta, quali parametri interposti nel giudizio di legittimità costituzionale, presuppone che la controversia all’esame del giudice rimettente ricada nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione Europea ai sensi dell’articolo 51 CDFUE.

Infatti, il principio di proporzionalità della pena opera non solo come standard di legittimità costituzionale delle leggi penali, ma anche come criterio che orienta la loro interpretazione e la loro applicazione a opera del giudice comune. Tale principio costituisce criterio a disposizione della Corte Costituzionale non solo per il giudizio di costituzionalità di cui è investita per competenza ma al tempo stesso opera come criterio che orienta l’interpretazione e l’applicazione delle leggi medesime da parte del giudice comune. Ciò è pacificamente riconosciuto in relazione ai principi costituzionali di necessaria offensività e di colpevolezza radicati rispettivamente sugli articoli 25 secondo comma e 27 primo e terzo comma della Costituzione.

Già con la sentenza n.68 del 2012 la Corte di legittimità era intervenuta nel mitigare la rigidità del regime sanzionatorio stabilito dal legislatore per il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, definito in quella pronuncia come di “eccezionale asprezza”. Sul punto, il Giudice rimettente riteneva che la pena minima di venticinque anni di reclusione fosse manifestamente eccessiva rispetto al disvalore di una condotta come quella prevista dall’articolo 630 del codice penale. Non a caso, la Corte ha, nella richiamata sentenza, giudicato manifestamente irrazionale –e dunque lesiva dell’articolo 3 della Costituzione- stante la mancata previsione, in rapporto al sequestro di persona a scopo di estorsione, di un’attenuate per i fatti di lieve entità, analoga a quella prevista in caso di sequestro di persona a scopo di terrorismo e di eversione di cui all’articolo 289 bis del codice penale. Tale conclusione, ben può armonizzarsi con il diritto vivente cristallizzato dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite Penale che, smentendo l’indirizzo giurisprudenziale all’epoca prevalente, ha ritenuto configurabile il delitto di cui all’articolo 630 del codice penale anche quando la privazione della libertà di una persona sia volta a conseguire una prestazione patrimoniale pretesa in esecuzione di un precedente rapporto illecito.(cfr. Corte di Cassazione SS UU n. 962/2004)

Infine, questi criteri ermeneutici già a disposizione del giudice penale, assicurano che quest’ultimo possa pervenire, nel rispetto del dettato normativo, a risultati sanzionatori non contrari al principio di proporzionalità della pena.