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Nota a sentenza Cass., Sez. I penale, 17 settembre 2025, n. 32768

2025-11-21 09:00

Federica Perpignano

Diritto Penale,

Nota a sentenza Cass., Sez. I penale, 17 settembre 2025, n. 32768

La decisione della Corte di cassazione del 17 settembre 2025, n. 32768, offre una ricostruzione chiara e rigorosa dei limiti della rinnovazione istrut

La decisione della Corte di cassazione del 17 settembre 2025, n. 32768, offre una ricostruzione chiara e rigorosa dei limiti della rinnovazione istruttoria in appello e dei criteri per valutare l’imputabilità nei casi di omicidio preceduto da condotte persecutorie. La Corte conferma che l’art. 603 c.p.p. ha natura eccezionale: la rinnovazione è ammissibile solo quando il giudice d’appello non possa decidere sulla base del materiale acquisito. Nel caso concreto, la perizia psichiatrica di primo grado è ritenuta completa, benché alcuni accertamenti programmati non siano stati eseguiti; tali omissioni, osserva la Corte, non derivano da lacune metodologiche ma da scelte tecniche dei periti e dalla condotta non collaborativa del periziando. Non sussiste, dunque, alcuna “incompiutezza” tale da imporre un supplemento peritale.

Sul tema dell’imputabilità, la Corte ribadisce che il disturbo di personalità non incide automaticamente sulla capacità di intendere e di volere e che eventuali predisposizioni genetiche all’impulsività – evocate dalla difesa – hanno natura probabilistica, non deterministica. La responsabilità penale resta personale e ancorata al comportamento concreto dell’agente, non a fattori astratti. Parimenti irrilevanti, ai fini dell’imputabilità, sono gli stati emotivi e passionali, poiché l’art. 90 c.p. esclude espressamente che essi possano ridurla; la recente formulazione dell’art. 55 c.p. non modifica tale quadro, trattandosi di una norma eccezionale riferita all’eccesso colposo.

Quanto all’aggravante del fatto commesso contro persona vittima di atti persecutori, la Corte chiarisce che il dolo richiesto dall’art. 612-bis c.p. consiste nella consapevolezza dell’idoneità della condotta a provocare gli eventi tipici del reato, non nella rappresentazione del loro concreto verificarsi. I momenti di riavvicinamento tra le parti non escludono quindi né la materialità né l’elemento soggettivo del delitto.

Vengono infine confermate la premeditazione e i futili motivi: le condotte preparatorie dell’imputato evidenziano un proposito criminoso già formato, mentre la gelosia e la volontà di controllo sulla vittima costituiscono motivi privi di reale consistenza etica e pienamente idonei a sorreggere l’aggravante.

La sentenza si distingue per la nettezza con cui difende i confini della responsabilità penale soggettiva, respingendo letture riduttive fondate su dati genetici, disturbi non invalidanti o stati emotivi elevati a categorie giuridiche improprie. Al tempo stesso, conferma l’attenzione della giurisprudenza verso le dinamiche persecutorie e di dominio che spesso precedono i delitti di genere, assicurando coerenza e continuità applicativa alle aggravanti che le presidiano.