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Tra intimità e giustizia: l’evoluzione giurisprudenziale del Revenge Porn nell’era digitale

2025-10-20 09:38

Raffaele Vantrella

Diritto Penale,

Tra intimità e giustizia: l’evoluzione giurisprudenziale del Revenge Porn nell’era digitale

La progressiva espansione delle condotte penalmente rilevanti in materia di tutela della sfera sessuale trova nel delitto di diffusione illecita di im


La progressiva espansione delle condotte penalmente rilevanti in materia di tutela della sfera sessuale trova nel delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, previsto dall’articolo 612 ter del codice penale, una delle espressioni più emblematiche del rapporto tra diritto e tecnologia. Nato per presidiare la libertà morale e la riservatezza sessuale contro la violenza simbolica della rete, il reato si è subito confrontato con le sfumature dell’intimità condivisa e con i confini del consenso. Emblematica, in tal senso, è la Sentenza n. 14927 del 2023 con cui la Corte di cassazione ha chiarito che il consenso alla produzione o alla ricezione di materiale sessualmente esplicito non implica consenso alla sua divulgazione, poiché l’offesa alla dignità personale si consuma nell’istante in cui l’immagine o il video vengono trasmessi senza il volere del soggetto ritratto. A ciò si collega la pronuncia del Tribunale di Siena del 18 dicembre 2023 che ha distinto tra cessione e diffusione, escludendo la configurabilità del reato quando il materiale venga consegnato da un partecipante dell’atto sessuale ad un altro dei presenti, ritenendo invece che la mera visione privata non integri la pubblicità necessaria alla consumazione del reato. La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 33230 del 2024, ha poi precisato che la condotta è penalmente rilevante anche qualora l’invio avvenga verso un soggetto che, per ragioni personali o familiari, non avrebbe interesse a diffondere ulteriormente il materiale. Il reato si consuma infatti nel momento stesso del primo invio, indipendentemente dalla successiva circolazione, poiché la norma tutela il diritto all’autodeterminazione sessuale nella sua dimensione più intima. È in questa prospettiva che la Corte ha altresì chiarito che la nozione di contenuti sessualmente espliciti non si esaurisce nella rappresentazione degli organi genitali ma si estende a quelle immagini che, per contesto o atteggiamento, evocano in modo manifesto la sessualità del soggetto ritratto. Nel recente caso di Pavia, relativo alla diffusione di video tratti da una piattaforma come OnlyFans, la Cassazione ha confermato la centralità del consenso e la natura istantanea del reato, ribadendo che la responsabilità penale sussiste anche quando la diffusione avvenga con intento denigratorio o ritorsivo, a prescindere dall’effettiva propagazione del materiale in rete. La giurisprudenza ha poi evidenziato la frequente contiguità tra Revenge Porn e stalking, sottolineando come le condotte di diffusione non di rado si accompagnino a comportamenti persecutori volti a minare la libertà morale della vittima. Si tratta tuttavia di ipotesi distinte, che possono concorrere, poiché il primo reato tutela la sfera dell’intimità sessuale e il secondo la libertà psichica e relazionale. Nel complesso emerge una linea interpretativa coerente e matura, che riconduce il disvalore della condotta non tanto alla platealità della diffusione, quanto alla violazione del diritto individuale di governare la propria immagine e la propria corporeità. In un tempo in cui l’identità digitale si intreccia inscindibilmente con la persona, il Revenge Porn non rappresenta soltanto un delitto contro la privacy, ma una moderna forma di violenza morale che il diritto penale è chiamato a reprimere con equilibrio, sensibilità e rigore.