Nella recente sentenza n 33 del 29 gennaio 2025, la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art 29-bis, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184, nella parte in cui, facendo rinvio all’art 6 della medesima legge, non include le persone singole residenti in Italia fra coloro che possono presentare dichiarazione di disponibilità ad adottare un minore straniero, residente all’estero e chiedere al tribunale per i minorenni del distretto in cui hanno la residenza che lo stesso dichiari la loro idoneità all’adozione. La questione era stata sottoposta alla Corte, dal tribunale dei minorenni di Firenze, con ordinanza del 20 maggio 2024, iscritta al n 139 del registro delle ordinanze, in riferimento agli artt. 2 e 117 comma1 della Cost, quest’ultimo in relazione all’ art 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, che ha sollevato questioni di legittimità costituzionale in merito agli articoli 29-bis, comma 1, e 30, comma 1 della legge 4 maggio 1983, n 184. Il giudice a quo, aveva in passato già sollevato la medesima questione, risolta dalla Corte con sentenza n 252 del 2021, dichiarando la stessa inammissibile. La questione riguardava una donna non coniugata che aveva presentato disponibilità ad adottare un minore straniero. Il rimettente ha risollevato la questione affermando che da indagini psico-sociali ed economiche, la ricorrente risultava idonea all’adozione, tenendo conte anche della consapevolezza che scaturisce dal progetto adottivo. Si sottolinea come le norme censurate, siano carenti nel tenere in considerazione il fulcro dell’istituto dell’adozione, ovvero, il minore, il suo benessere e la sua stabilità. Si ribadisce, riprendendo anche la sent n 11 del 1981, della medesima corte come il bisogno del minore, ad avere stabilità affettiva, ambientale, situazioni non conflittuali, vada garantita e la ricerca della soluzione migliore spetta al giudice. Inoltre, la famiglia, intesa come vincolo coniugale, è evoluta negli anni, e l’individuo può realizzare sé stesso, il proprio sviluppo personale e umano anche in ambienti familiari dove, non necessariamente vi debba essere la presenza di due genitori. D’altro canto la stessa corte nella sent 183 del 1994, aveva parlato di un superamento dell’idea di bigenitorialità, non vedendola come un vincolo giuridico, ma come un retaggio culturale, naturale, di una concezione antica del concetto di famiglia. L’art 2 Cost tutela i diritti inviolabili sia del singolo e delle formazioni sociali, quali la famiglia, la scuola, luoghi dove c’è e deve essere garantito sostegno, sviluppo della persona umana, dove ormai, il concetto di formazione sociale e di famiglia si è andato ampliando e vengono considerati anche altri tipi di sostegno. Escludendo il singolo dalla possibilità di adottare, si lede, secondo il rimettente, l’art 8 della CEDU, il quale tutela la vita privata e familiare, il domicilio, la corrispondenza, affermando che l’ingerenza da parte dello Stato e delle autorità deve essere prevista dalla legge e il rispetto della proporzionalità tra la privacy e il diritto verso il quale c’è ingerenza. L’esclusione della persona non coniugata dalla possibilità di adottare, lede il diritto alla vita privata, intesa come diritto di sviluppare relazioni con altri esseri umani, La Corte nel motivare l’accoglimento della questione, ripercorre anche un excursus storico sull’adozione andando a carpire in quali fonti normative era ammessa l’adozione anche alla persona singola. Come ad esempio, nel regio decreto legge n 1357 del 31 luglio 1919 che ammetteva l’adozione di minori di età inferiore a 18 anni, orfani di guerra e dei figli nati al di fuori del matrimonio durante la guerra, ammetteva la qualità di adottanti, sia ai coniugi, sia a persone singole, anche se coniugate, con il consenso dell’altro coniuge. Il codice civile del 1942 ha posto per qualunque minore la possibilità di essere adottato sia da coniugi, sia da persona singola, sia dalla persona singola coniugata previo consenso dell’altro coniuge. La legge n 431 del 5 giugno 1967 (abrogata dalla legge del 1983 n 184) aveva introdotto una forma di adozione speciale riservata ai soli coniugi, conviventi da almeno 5 anni. Con la legge 184 del 1983 viene meno l’adozione speciale e resta un’adozione generale per i minori in stato di abbandono e l’adozione codicistica riservata alle persone maggiorenni. La Corte ravvisa che anche la convenzione de L’Aja nell’art 2 ricomprende fra potenziali adottanti la persona singola e il legislatore italiano anche dopo, la sua ratifica, ha invece, continuato ad escludere la persona non coniugata. Inoltre analizzando in modo sistematico la legge n 184 del 1983, la stessa è vero che all’art 6 riserva l’adozione a persone coniugate da almeno tre anni, tuttavia analizzando l’art 25 comma 4 della medesima si consente l’adozione piena se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante l’affidamento preadottivo. Quindi, in realtà pur consentendo l’adozione a due coniugi, ammette la possibilità, seppur sopravvenuta, di un nucleo monoparentale. Il comma 5 del medesimo articolo, dispone la possibilità di adozione verso uno dei due coniugi, qualora sia avvenuta in fase di affidamento preadottivo, una separazione tra essi. A rimarcare l’assoluta idoneità della persona singola all’istituto adottivo è l’art 44 della legge che consentirebbe a persone non coniugate l’adozione di minori che versano in situazioni particolari, quali, disabilità, orfani di padre e madre o per i quali non sia stato possibile l’affidamento preadottivo. La sentenza della Corte ha portato alla luce delle incongruenze e assurdità della legislazione italiana in tema di adozione internazionale, tutelando il diritto del minore ad avere una famiglia, di qualunque tipo essa sia e il diritto del singolo nella sua autodeterminazione personale, soprattutto nel decidere o meno se diventare genitore, senza ingerenze esterne. Considera il singolo in modo neutrale e non discriminatorio, colmando una lacuna normativa, o meglio, chiarendone il significato e la portata applicativa. Infatti, da ultimo, se un nucleo monoparentale è idoneo a gestire un minore con problematiche particolari, perchè non dovrebbe essere valido a gestire minori senza problematiche di alcun tipo? Inoltre la sentenza risolve anche un problema molto importante, va ad ampliare il novero dei soggetti che possono avere la qualità di adottante, garantendo, dunque, a un numero maggiore di minori la possibilità di ricevere affetto, sostegno, cure.