L’articolo 309 del codice di procedura penale rappresenta una norma fondamentale del sistema cautelare poiché disciplina il procedimento di riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive incidendo direttamente sulla libertà personale e offrendo uno strumento di garanzia a tutela dei diritti costituzionali dell’indagato o dell’imputato; il legislatore ha previsto che la richiesta possa essere presentata dall’indagato, dal suo difensore o dal pubblico ministero entro dieci giorni dall’esecuzione o notificazione del provvedimento, termine perentorio che sottolinea l’esigenza di tempestività nel controllo della restrizione della libertà, e ha attribuito la decisione a un tribunale collegiale composto da tre magistrati del tribunale del capoluogo del distretto, così da garantire un controllo esterno e terzo rispetto all’organo che ha emesso la misura. Una volta pervenuta l’istanza, il tribunale deve fissare l’udienza entro dieci giorni assicurando la presenza necessaria del difensore e la possibilità di partecipazione delle parti e, all’esito, può confermare, annullare o riformare la misura anche sostituendola con altra meno gravosa, dovendo depositare la propria ordinanza entro trenta giorni, ridotti a cinque in caso di misure restrittive della libertà come la custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari.
Il controllo che il tribunale del riesame è chiamato a svolgere non si limita alla verifica formale dell’ordinanza ma si estende alla valutazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, ponendosi dunque come un sindacato a cognizione piena, seppur circoscritto alla fase cautelare e senza anticipare il giudizio sul merito; in tal senso la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la verifica del tribunale del riesame deve restare nei confini della valutazione indiziaria e cautelare senza trasformarsi in una decisione sostitutiva sul reato, come affermato dalla Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza Costantino del 1995. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 232 del 22 giugno 1998, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui prevedeva che i termini per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame decorressero dall’avviso dell’autorità giudiziaria procedente e non dalla presentazione della richiesta alla cancelleria, sottolineando che ciò determinava una compressione ingiustificata del diritto di difesa e una violazione dell’articolo 13 della Costituzione; la Consulta ha così rafforzato la natura garantista dell’istituto, imponendo che i termini decorressero dal momento della richiesta.
In linea con questo orientamento la Cassazione, Sezione III, con la sentenza n. 3132 del 19 dicembre 1998, ha stabilito che, quando la richiesta di riesame viene trasmessa con raccomandata, il termine per la perdita di efficacia della misura decorre dal momento in cui l’istanza perviene alla cancelleria del tribunale e non dalla data di spedizione, ribadendo la centralità della certezza del termine e della tutela immediata della libertà personale. Ancora la Cassazione, Sezione III, con sentenza n. 40979 del 5 dicembre 2002, ha affermato che l’istanza di riesame è ammissibile anche dopo una sentenza di condanna non definitiva, e può investire non solo le esigenze cautelari ma anche i gravi indizi di colpevolezza, specialmente ai fini di una eventuale riparazione per ingiusta detenzione, evidenziando così che il controllo del tribunale non è meramente formale ma sostanziale. Più recentemente la Cassazione, Sezione III, con la sentenza n. 1272 del 19 dicembre 2023, ha stabilito che anche per le misure cautelari reali il mancato rispetto del termine di dieci giorni per la decisione comporta la perdita di efficacia della misura, a meno che non siano indicate specifiche e straordinarie esigenze cautelari, rafforzando ulteriormente l’obbligo di tempestività imposto dal legislatore.
Queste pronunce dimostrano che l’articolo 309 c.p.p. non ha natura meramente procedurale, ma rappresenta un presidio effettivo della libertà personale e del diritto di difesa; esso garantisce un controllo immediato e sostanziale delle ordinanze cautelari, ma la sua applicazione pratica incontra difficoltà legate ai carichi giudiziari e all’organizzazione degli uffici, con conseguente rischio di ritardi che possono compromettere l’effettività delle garanzie. Inoltre permangono oscillazioni interpretative circa l’ampiezza del sindacato del tribunale del riesame, tra orientamenti che privilegiano una valutazione più rigorosa degli indizi e delle esigenze cautelari ed altri che limitano il controllo, lasciando alla fase processuale successiva l’accertamento più approfondito. Ciò evidenzia che la funzione del riesame, quale strumento di bilanciamento tra esigenze investigative e tutela dei diritti fondamentali, richiede non solo norme chiare ma anche prassi applicative coerenti e un’organizzazione giudiziaria capace di assicurare tempi rapidi e contraddittorio effettivo.