Mauris blandit aliquet elit, eget tincidunt nibh pulvinar a. Sed porttitor.

Le foto presenti sul Blog Guttae Legis sono prese da internet, quindi valutate di pubblico dominio. Se il soggetto o gli autori dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione, basta segnalarlo alla redazione, alla mail: segreteriaguttaelegis@gmail.com

 si provvederà alla rimozione delle immagini.


instagram
youtube
whatsapp

Il Decreto Sicurezza 2025 e l’introduzione dell’art. 634-bis c.p.: nuovi scenari di contrasto

2025-08-05 14:00

Santo Sutera

Diritto Penale,

Il Decreto Sicurezza 2025 e l’introduzione dell’art. 634-bis c.p.: nuovi scenari di contrasto

Il Decreto Sicurezza 2025, recentemente approvato dal Parlamento italiano e pubblicato in Gazzetta Ufficiale con carattere d’urgenza, rappresenta uno

Il Decreto Sicurezza 2025, recentemente approvato dal Parlamento italiano e pubblicato in Gazzetta Ufficiale con carattere d’urgenza, rappresenta uno dei provvedimenti normativi più significativi degli ultimi anni in materia di ordine pubblico e sicurezza interna. L’intervento legislativo si colloca nel solco di una serie di misure adottate negli anni precedenti con l’intento di rafforzare la capacità dello Stato di rispondere in modo efficace e tempestivo a nuove forme di illegalità urbana e di protesta collettiva, spesso caratterizzate da modalità di azione non convenzionali, difficilmente inquadrabili negli schemi tradizionali del diritto penale. In questo contesto, l’introduzione dell’art. 634-bis del codice penale segna una svolta, sia per la sua portata repressiva, sia per l’impatto potenziale che essa può avere sull’esercizio delle libertà fondamentali sancite dalla Costituzione.

La nuova norma, rubricata “Occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui”, stabilisce che: “Chiunque, mediante violenza o minaccia, occupa o detiene senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze, ovvero impedisce il rientro nel medesimo immobile del proprietario o di colui che lo detiene legittimamente, è punito con la reclusione da due a sette anni. Alla stessa pena soggiace chiunque si appropria di un immobile destinato a domicilio altrui o di sue pertinenze con artifizi o raggiri ovvero cede ad altri l'immobile occupato.Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque si intromette o coopera nell'occupazione dell'immobile, ovvero riceve o corrisponde denaro o altra utilità per l'occupazione medesima, soggiace alla pena prevista dal primo comma.Non è punibile l'occupante che collabori all'accertamento dei fatti e ottemperi volontariamente all'ordine di rilascio dell'immobile.Il delitto è punito a querela della persona offesa.Si procede d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità.”. È evidente l’intento del legislatore di colpire forme di azione collettiva che, pur non integrando reati violenti in senso stretto, sono ritenute pericolose per la tenuta dell’ordine pubblico e il corretto funzionamento delle infrastrutture ritenute “strategiche”. Nella relazione introduttiva al decreto, il governo ha esplicitamente menzionato come contesto ispiratore i blocchi autostradali organizzati da movimenti ecologisti, le incursioni nei cantieri di grandi opere pubbliche, le occupazioni simboliche di stazioni ferroviarie, porti, impianti energetici e sedi istituzionali.

Il perimetro di applicazione della norma appare, tuttavia, ampio e poco definito. Non solo non è previsto un criterio oggettivo per la qualificazione delle “infrastrutture di rilevante interesse collettivo” (che può variare da una centrale elettrica a una sede universitaria), ma si prevede espressamente che la punibilità non sia legata a un danno materiale o a un’interruzione effettiva del servizio, bensì anche a una generica “compromissione” del funzionamento. Questa scelta normativa apre a interpretazioni giurisprudenziali molto ampie e potrebbe determinare l’applicazione della norma anche in casi di mera presenza non autorizzata o di interferenza simbolica, come nel caso di performance artistiche o manifestazioni studentesche. È sufficiente, secondo la nuova previsione, che l’intento sia quello di ostacolare il normale utilizzo dell’infrastruttura, anche senza violenza, per far scattare la sanzione penale.

Sul piano politico e costituzionale, il nuovo art. 634-bis ha subito alimentato un acceso dibattito, in particolare per i suoi effetti sulla libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) e sulla libertà di riunione (art. 17 Cost.). Dottrina e giurisprudenza costituzionale hanno a più riprese affermato che le libertà fondamentali non possono essere compresse se non nei limiti della necessità e proporzionalità, specie se si tratta di condotte pacifiche e simboliche. La criminalizzazione di azioni che, pur provocando disagio alla collettività, rappresentano una forma di protesta politica o sociale non violenta rischia di ledere il nucleo essenziale di tali libertà. Inoltre, l’aggravante prevista per la partecipazione a manifestazioni “non autorizzate” introduce un ulteriore elemento di criticità, in quanto rischia di trasformare in condotta penalmente rilevante l’esercizio di un diritto costituzionale che non necessita, per definizione, di previa autorizzazione.

Il rischio è quello di un uso selettivo e discrezionale dello strumento penale, che potrebbe colpire in modo sproporzionato determinati gruppi o movimenti sociali, riducendo lo spazio democratico del dissenso. In questo senso, non sono mancate voci critiche da parte di magistrati, avvocati, studiosi e organizzazioni per i diritti civili, che hanno sottolineato come l’art. 634-bis si inscriva in una più ampia tendenza alla “penalizzazione del conflitto sociale”. Secondo tale prospettiva, la norma non risponde tanto all’esigenza di reprimere reati effettivamente pericolosi, quanto a quella di prevenire e scoraggiare forme legittime di contestazione che mettono in discussione modelli di sviluppo, scelte infrastrutturali o dinamiche economico-politiche consolidate. In questo senso, la norma si configura come uno strumento “di ordine” più che “di giustizia”.

D’altro canto, i sostenitori del Decreto Sicurezza 2025 e della nuova figura di reato introdotta sottolineano la necessità di dotare l’ordinamento di strumenti più efficaci per tutelare la funzionalità delle infrastrutture critiche, considerate sempre più bersaglio di azioni coordinate e mirate da parte di gruppi organizzati. In un contesto globale in cui anche le minacce ibride – comprese quelle che non prevedono l’uso della forza fisica – possono compromettere la sicurezza collettiva, l’intervento normativo viene giustificato con l’esigenza di anticipare la soglia di tutela e rafforzare il presidio preventivo. Inoltre, il fatto che la norma preveda un ampio margine di discrezionalità nella valutazione delle circostanze concrete viene visto come uno strumento utile per calibrare l’applicazione della pena in base alla gravità effettiva del fatto.

Sul piano pratico, i primi casi di applicazione dell’art. 634-bis saranno fondamentali per testare la portata e verificarne la tenuta costituzionale. Alcuni tribunali hanno già trasmesso atti alla Corte Costituzionale sollevando dubbi sulla compatibilità della norma con i principi fondamentali dell’ordinamento, e non si esclude che la questione possa approdare anche dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, qualora si ravvisassero violazioni della libertà di espressione o di manifestazione pacifica. In parallelo, alcuni esponenti del Parlamento hanno presentato proposte di modifica volte a introdurre limiti più precisi alla norma, come l’obbligo di danno concreto o la necessità di una reiterazione delle condotte per configurare il reato.

In conclusione, l’art. 634-bis c.p. rappresenta un caso emblematico di come il diritto penale possa essere utilizzato non solo come strumento di repressione della criminalità, ma anche come mezzo di gestione del conflitto sociale in senso lato. La sfida sarà trovare un equilibrio tra la legittima esigenza di proteggere il funzionamento di infrastrutture essenziali e il dovere di preservare, anche in situazioni di tensione, il nucleo inviolabile delle libertà democratiche. Come spesso accade in questi casi, il compito di interpretare e bilanciare i principi in gioco sarà rimesso all’autorità giudiziaria, che dovrà agire con prudenza e senso di misura per evitare che la lotta all’illegalità si trasformi in una limitazione arbitraria dei diritti civili. Solo attraverso una lettura costituzionalmente orientata della norma sarà possibile evitare che essa si trasformi in uno strumento di repressione indiscriminata del dissenso.