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Uno sguardo ai reati omissivi nel diritto penale

2025-07-18 14:00

Santo Sutera

Diritto Penale,

Uno sguardo ai reati omissivi nel diritto penale

Nel panorama del diritto penale italiano, i reati omissivi costituiscono una categoria peculiare che si distingue per la particolare struttura della c

Nel panorama del diritto penale italiano, i reati omissivi costituiscono una categoria peculiare che si distingue per la particolare struttura della condotta punita, non fondata su un’azione materiale, bensì sull’inerzia del soggetto obbligato a compiere un determinato comportamento doveroso. In altre parole, nei reati omissivi ciò che rileva penalmente non è “il fare”, ma “il non fare”, ossia il mancato compimento di un’azione giuridicamente obbligatoria. Tale impostazione si pone in apparente contrasto con il principio di materialità dell’illecito penale, sancito all’articolo 25 della Costituzione e all’articolo 1 del codice penale, secondo cui “nessuno può essere punito per un fatto che non costituisce reato”, ma la giurisprudenza e la dottrina hanno chiarito che anche l’omissione può costituire fatto penalmente rilevante se riconducibile a una violazione di un obbligo giuridico ben determinato. Il codice penale italiano distingue tra reati omissivi propri e impropri. I reati omissivi propri sono quelli in cui l’omissione di un comportamento doveroso costituisce di per sé l’illecito tipico, senza che si verifichi un evento dannoso ulteriore. Essi sono espressamente previsti dalla legge e puniscono la semplice inerzia a fronte di un obbligo giuridico. Esempi classici sono l’omissione di soccorso (art. 593 c.p.), l’omessa denuncia di reato (art. 361 c.p. per i pubblici ufficiali) e l’omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.). Questi reati si consumano nel momento in cui il soggetto passivo omette l’azione che era tenuto a compiere. Il fondamento della punibilità è l’esistenza di uno specifico obbligo giuridico, previsto dalla legge, che rende doverosa l’azione omessa. Si tratta dunque di reati di pura omissione, in cui non si richiede il verificarsi di un evento conseguente, ma solo la mancata condotta. Diversa è la categoria dei reati omissivi impropri, anche detti reati commissivi mediante omissione, disciplinati dall’art. 40, comma 2, del codice penale, secondo cui “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”. In questo caso, l’omissione assume rilevanza penale in quanto equiparata a una condotta attiva, ed è punita solo se da essa deriva un evento che sarebbe stato evitabile. La responsabilità penale si fonda sulla posizione di garanzia ricoperta dal soggetto, ossia sull’esistenza di un obbligo giuridico di impedire l’evento. Tale obbligo può derivare da norme di legge, da un contratto, dall’assunzione volontaria di una funzione o dalla creazione di un pericolo. Il classico esempio di reato omissivo improprio è rappresentato dal genitore che, pur potendo, non impedisce la morte del figlio per fame o malattia, oppure dal bagnino che non interviene per salvare un bagnante in pericolo. In questi casi, l’omissione diventa penalmente rilevante in quanto il soggetto, trovandosi in una posizione di garanzia, ha l’obbligo giuridico di agire per evitare l’evento lesivo. La dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato numerose teorie per individuare i presupposti della posizione di garanzia, distinguendo tra garanzie di protezione (quando si è responsabili dell’incolumità di una persona) e garanzie di controllo (quando si ha il potere di dominare una fonte di pericolo). In entrambi i casi, la mancata azione rileva penalmente solo se è causalmente collegata all’evento: ciò significa che il comportamento omesso deve essere stato in concreto idoneo ad evitarlo. Da ciò deriva una delle principali criticità applicative dei reati omissivi impropri: la difficoltà di accertare il nesso di causalità tra l’omissione e l’evento lesivo. Mentre nei reati attivi il nesso causale si basa su un’azione materiale, nei reati omissivi impropri il giudice deve compiere un giudizio ipotetico, chiedendosi se, in presenza di una condotta attiva, l’evento si sarebbe potuto evitare con elevato grado di probabilità logica. Tale giudizio controfattuale comporta margini di incertezza e apre la strada a valutazioni discrezionali, soprattutto nei processi in ambito sanitario, assistenziale o lavorativo, dove le responsabilità si intrecciano con molteplici fattori. Altra questione problematica è l’estensione della posizione di garanzia a soggetti che non hanno un legame formale con la vittima o con la fonte di pericolo. In giurisprudenza si sono registrate sentenze che riconoscono una responsabilità omissiva anche in assenza di uno specifico obbligo normativo, facendo riferimento a obblighi morali, sociali o assunti implicitamente. Tale estensione rischia, però, di violare il principio di legalità, creando zone grigie in cui la punibilità dipende da valutazioni ex post. Non mancano, infine, implicazioni di ordine etico e politico: punire una persona per non aver agito, specie in contesti difficili o ambigui, implica un giudizio molto più profondo sull’autonomia individuale, sulla solidarietà e sulla responsabilità sociale. Il diritto penale omissivo, in particolare quello improprio, solleva così interrogativi che toccano non solo la tecnica giuridica, ma anche la visione di fondo del rapporto tra individuo, comunità e Stato. In conclusione, i reati omissivi rappresentano una componente essenziale ma complessa del sistema penale italiano. Se nei reati omissivi propri il perimetro della punibilità è chiaro e circoscritto dalla legge, nei reati omissivi impropri si entra in un terreno molto più fluido, in cui la responsabilità dipende da fattori strutturali (posizione di garanzia), funzionali (doverosità dell’azione) e causali (evitabilità dell’evento). La sfida per il legislatore e per la giurisprudenza consiste nel trovare un equilibrio tra l’esigenza di tutelare beni giuridici fondamentali e il rispetto dei principi di legalità, colpevolezza e proporzionalità. Una giustizia penale moderna deve essere in grado di sanzionare l’indifferenza colpevole, senza però cadere nella trappola della responsabilità oggettiva o della criminalizzazione generalizzata dell’inerzia. In quest’ottica, lo studio e l’evoluzione della disciplina dei reati omissivi rimane centrale per comprendere i confini della responsabilità penale e il ruolo della legge nella regolazione dei comportamenti umani.