Il riconoscimento anno 2013 è una questione di diritto che sta interessando da diverso tempo tutto il pubblico impiego. Essa ha riguardato, in particolare, il blocco dei percorsi di avanzamento economico, come stabilito dal Decreto Legge 78/2010, poi convertito in Legge 122/2010 e prorogato con successive disposizioni (d.PR. n. 122/2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 25 ottobre 2013), per tutto il settore pubblico inclusa la scuola ed ha interessato l’anno 2013, escludendolo dal conteggio per la progressione stipendiale e realizzando un congelamento degli stipendi al fine di contenere quanto più possibile la spesa pubblica, lasciando sostanzialmente un “vuoto” nei decreti di ricostruzione di carriera dei dipendenti. La misura è stata decisa in un periodo di grande crisi economica e faceva parte di una serie di interventi per il risanamento dei conti pubblici voluta fortemente dal governo. L’applicazione centralizzata ha interessato tutte le posizioni stipendiali: in particolare, per il personale con progressione di carriera avvenuta nel corso del 2013, l’applicazione del d.P.R. ha comportato l’obbligo di retrocessione alla classe stipendiale inferiore, con conseguente recupero da parte dello Stato delle utilità già riscosse nel corso del 2013. Il recupero del debito è stato applicato, a partire dal cedolino ordinario di gennaio 2014, con rate mensili di importo massimo di euro 150 lordi, fino a concorrenza del debito. La liquidazione di gennaio 2014 è stata, quindi, effettuata su una base imponibile ridotta sia per effetto della classe stipendiale inferiore rispetto a quella del 2013, sia per l’applicazione del debito da d.P.R., determinando, così, una ritenuta IRPEF più bassa. Successivamente, con l’entrata in vigore del D. L. n.3 del 23 gennaio 2014, sono stati disciplinati i provvedimenti di: 1) sospensione della retrocessione alla classe stipendiale inferiore del personale che abbia acquisito una classe stipendiale superiore nell’anno 2013, per effetto degli scatti di anzianità attribuiti nel medesimo anno; 2) sospensione del recupero del debito derivante dalla classe stipendiale superiore acquisita nel corso del 2013; 3) ripristino della posizione stipendiale superiore già attribuita nel 2013; la liquidazione, pertanto, delle competenze stipendiali a partire dal febbraio 2014, considera la posizione stipendiale superiore del 2013 e la differenza di stipendio di gennaio 2014 è stata liquidata, come “arretrato a credito”, con emissione speciale e con esigibilità anticipata rispetto al cedolino ordinario di febbraio 2014. A fronte di tale manovra, sin da subito è partita una grande mobilitazione sindacale con conseguenti molteplici azioni giudiziarie su tutto il territorio che, nel tempo, hanno avuto esiti altalenanti dal punto di vista del risultato ottenuto. Nello stato di incertezza della giurisprudenza sulla strada da percorrere, sono stati molti i Tribunali che hanno dato seguito al riconoscimento dell’illegittimità della disposizione normativa: in particolare, il Tribunale di Salerno- Sez. Lav., con sentenza del 31.05.2024 n. 1204, ha riconosciuto l’anno 2013 ai fini della ricostruzione della carriera di un docente, condividendo la tesi della Corte d’Appello di Firenze- Sez. Lav. del 30.01.2024, secondo cui “Il blocco in questione è stato disposto “ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti (art. 9 comma 23) e non anche ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio”, stabilendo che il cd. blocco stipendiale, così come disciplinato dal D.L. n. 78/2010, incide solo sulla progressione stipendiale e non più, in generale, sulla ricostruzione dell’anzianità di servizio. In conclusione, il Giudice del lavoro di Salerno, nel riconoscere l’anno 2013 ha stabilito il diritto al riconoscimento per intero ai fini giuridici, previdenziali ed economici dell’anzianità maturata di tutti i servizi non di ruolo, prima dell’assunzione a tempo indeterminato, prestati con la medesima progressione professionale. Successivamente, per porre fine all’altalena di pronunce di diversi esiti sulla questione, è intervenuta la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 13618 pubblicata il 21 maggio 2025, richiamando anche la sentenza n. 310/2013 della Corte Costituzionale- che ha ritenuto legittimo il blocco stipendiale purché solo temporaneo-, ha riconosciuto il solo valore giuridico dell’anno 2013 ai fini della pensione (l’anno è valido per la determinazione dell’assegno pensionistico e può influenzare l’importo finale) nonché per la determinazione dell’anzianità complessiva maturata (l’anno è pienamente valutabile per la partecipazione a concorsi, trasferimenti e passaggi di ruolo), ma non invece per gli scatti di stipendio, per cui si è rinviata alla contrattazione collettiva la risoluzione della questione, escludendo il riscatto economico diretto: il recupero degli scatti stipendiali persi dipenderà, quindi, da futuri accordi tra sindacati ed amministrazione. Si è confermata, così, la legittimità della cosiddetta “sterilizzazione” operata dalla normativa emergenziale sul contenimento della spesa pubblica (D.L. 78/2010 e d.P.R. 122/2013). Gli effetti pratici di tale questione sono notevoli ed evidenti: il mancato riconoscimento economico del blocco comporta un danno economico per il personale, quantificabile mediamente tra i 2.000 ed i 4.000 euro, a causa delle mancate differenze retributive e del ritardo nel passaggio alle fasce stipendiali superiori. Il “nodo” principale da sciogliere, dunque, ovvero la disparità tra il riconoscimento giuridico e quello economico dell’anzianità, resta ancora irrisolto: servirebbe una risposta non solo giuridica, ma anche politica e contrattuale, capace di ristabilire un principio di equità sostanziale nei confronti di tutti i lavoratori.
 

 
  
 